Salite
Me ne sto minuscola particella
alla fine del rewind
braccia, mento e pugno al petto.
Intanto il vento dietro passa
e spassa
a volte aiuta, lo ammetto.
Altre volte ammazza.
Me ne sto minuscola particella
alla fine del rewind
braccia, mento e pugno al petto.
Intanto il vento dietro passa
e spassa
a volte aiuta, lo ammetto.
Altre volte ammazza.
Prescindere dai fatti
ormai, mi è impossibile:
le parole bucate, gli spifferi facili
le bocche prensili alla noia
e l’ennesimo inverno da ingoiare
tenendo ben chiusi gli occhi
prima che nevichi.
L’acciaio, il freddo
e la rottura fragile delle cose.
Ancora neghi che la terra sia rotonda
soltanto perché non vedi che il tuo passo
distante anni luce dall’orizzonte .
E a me non resta che osservare impotente
il tempo che impiega una fronte
a corrugarsi.
E’ la solita questione
dei numeri periodici.
Quei numeri infinitamente
indefiniti
eppure razionali.
Di quelli che
ad ogni divisione
si prendono il resto e se
lo mettono sopra. Una barra
drittissima in testa
per dire che non finisce mai
non si finisce mai
di morire.
[..]
Qualcosa si apre . A dismisura .
Una gracilità pesante di voci e .
Ricordo un punto preciso dal quale partimmo .
Il primo a definire la linea .
Valigie di notti alle mani e .
La stazione aveva ancora luci stanche e .
Buio di sonno imbrunito a coprire vagoni vuoti e .
La mia testa sul vetro era il punto sul quale finivi .
Sesso e camicie scoperte nelle asole vuote .
Arrivando destinazioni incompiute .
Le ore sono punti distanti da unire .
Mancanze che il respiro riempie .
Di me e . Di te . Voci stanche la notte e .
La stella più lontana è il punto che ti cerco negli occhi .
Litri di caffè nero . La rabbia .
La notte è una sfera bucata e .
Non tardò a curvare stretto .
Chiudendo gomiti di punti accavallati .
Delle nostre voci che incastonavano silenzi .
Metallo duro e .
Il punto della situazione si fece scomodo improvvisamente .
Stretto . Necessità di altre asole per sostare i sospiri .
Allargando le cintole all’anima costretta .
Scatole di giorni ottusi e .
Caderci sempre allineati davanti . Io e te .
Una linea d’infiniti punti consecutivi .
Salvi dentro lo stesso ritorno del cuore e .
Di strade e .
Qualcosa si apre . A dismisura .
[..]
[rileggere daccapo. all’infinito]
Ho ragione di credere
che tu mi stia pensando
perché non ho più
le chiavi nella borsa
e mi è caduto
il nome dalle mani.
Ma se ancora cerco, ancora se,
io non ti trovo.
La mia bocca è una casa fragile
mattine di sogni smerigliati
scagliati contro un muro
che hanno lasciato il segno:
un’ombra per ogni giorno
di tutti i giorni, di tutti i santi.
Anche se vado di gomito, anche se vado
loro non vanno via.
Eppure, tutto il mio possibile
l’ho anche detto e fatto. L’ho fatto.
Ma quelle restano e incoraggiano il silenzio
più grandi di me, che non ho mai avuto l’età
giusta dei denti. E neanche la memoria.
C’è la storia delle rugiade ritrovate
sui miei vetri
impronte incollate di occhi
che ho ricalcato al contrario
arrivando all’origine del respiro
di me, che ero orgasmo
dentro il ventre di mia madre.
E’ la stessa storia di sempre
e non se ne esce.
Ne ho quasi vergogna
come parlare che a volte
è un vizio inutile.
Per questo mi rattristano
non poco
queste mani composte sul tavolo
una candela tutta consumata
e al centro
due olive nere nel piatto.
Le stesse di ieri, solo più magre
una per te ed una per me.
E poi silenzi
per mangiarne una settimana intera.
E mi dispiace moltissimo
saperci imbalsamati
sulle nostre grucce regolabili
digiunandoci parole.
Sembriamo due cappotti smessi
da qualcuno più grande di noi.
Ed io l’ho capito
che il mio non mi sta mica bene
sfiorisce male sulle ginocchia
facendomi più alta
di come poi non sono.
Mai stata.
La goccia che cade dal rubinetto
si fa donna.
Ha il seno nuovo di zecca
e le gambe con le calze si seta
Esenzanome si da del lei
ha dimesso l’ennesimo strato di pelle
ancora un altro e resterà sola
si chiede quanto smalto ancora
le nasconderà l’unghia sul cuore
.quanto
Intanto qualcosa è cambiato
ha il seno cadente, stelle che stanotte
sono un delirio di mosche bianche
e le coperte somigliano alle
pietre impietose dei santi.
lo specchio se ne sta zitto
mente il silenzio sugli occhi.
Come ieri che
le giurava la stessa faccia
ed era un bambina
Il silenzio delle vacche tristi
si sente fin qui. più assordante che mai.
anche se ho chiuso tutto fuori
e ho una carabina che uccide le mosche
in mano.
Che l’amore fosse un lusso
dovevano dirlo prima
di presentare il conto.
Strano come si spezzino i fili
e le perle rotolino
inesorabili.
E non accade mai
di ritrovarle tutte.
Ci sono cose trasparenti e
fragili
tra me ed il mondo.
Cose che sbattono e
sbattono – se c’è vento
o che altrimenti
sudano
tutte le rugiade che mi perdo.
Da qui dentro.
Siamo quello che siamo
macerie di decenza.
Alla fine
c’è soltanto un unico sole
e ogni tanto qualche pianeta
qualche piccolo stupidissimo pianeta
che ci si illumina e
s’improvvisa stella .o poeta.
Del resto
anche Hitler suonava il violino.
E’ la solita questione
dei numeri periodici.
Quei numeri infinitamente
indefiniti
eppure razionali.
Di quelli che
ad ogni divisione
si prendono il resto e se
lo mettono sopra. Una barra
drittissima in testa
per dire che non finisce mai
non si finisce mai di
morire.
ho cose dentro il cuore
che non si lasciano respirare
come una stanza
la notte che il posacenere
lo hai scordato dentro
e ti muore muffa grigia un sogno
sotto chili di cenere scrollata
Tengo aquiloni in ostaggio
giù nella mia cantina.
Almeno fintanto che avrò
denaro sufficiente a pagarmi
il riscatto.
Ogni tanto scendo
e lascio un sorso di vento
vicino alle loro catene.
E vado via
solo quando hanno smesso la sete
con la coscienza pulita.
È buona norma
che le cose abbiano un nome.
Se dico acqua
è la sete che parla alle labbra.
A volte
ho una solitudine dentro
e la chiamerei assenza.
Un vuoto che doppia le impronte di sabbia
di qualche vita fa
di me e la solita stella di sempre
una scoria di luce negli occhi
lasciata imbrunire
una calma piatta indossata per forza
come il vestito smesso di una sorella più grande
che arriva troppo corto alle ginocchia.
E questo cielo
che ha fermato le lancette
dimenticando di dimenticare.
Il migliore dei casi
è una tavola da riassettare
dalle cose di ieri
ricordando di comprare lo zucchero
più tardi
ed anche il pane e le
sigarette. E raccomandare
a mio figlio
di non tenersi mai silenzi
sul cuore
e di mettersi la maglia di lana
d’inverno.
Tema Seamless Just Pretty, sviluppato da Altervista
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