Rivelazioni

Ormai è inevitabile come il
respiro, qualcosa che faccio
ed esisto: ingoio e
trabocco, ingoio e trabocco.
All’infinito. Sempre e soltanto
ascoltando l’eco delle lancette
sbattere fortissimo
contro il muro.

Salite

Me ne sto minuscola particella
alla fine del rewind
braccia, mento e pugno al petto.

Intanto il vento dietro passa
e spassa
a volte aiuta, lo ammetto.

Altre volte ammazza.

Achille 2.0

Da qualche parte
qualcuno brucia sigari e vite.

Altri forse sbadigliano
e magari fosse per la noia

e fuorionda, io
dietro tutto questo andare
che ostinavo la fretta delle madri sui talloni.

E Achille, banalmente,
era tutta un’altra storia.

Giochi innocenti

Conto le mosche
che mi girano sulla testa.
Quelle pari le lascio
confondersi col ronzio delle mie paure
quelle dispari, invece, le ingoio
ancora vive.

non prima di aver finto
di averle ascoltate.

Frattale

Raccolgo,
continuamente raccolgo qualcosa di te:
dietro l’angolo, dentro il cassetto,
nella federa nascosta della borsa.
Anche se sto ferma, in verità,
e non respiro

ma semplicemente mi gratto la testa
e sorrido con la tua bocca.

Luglio Millenovecentonovantanove

C’è un luglio millenovecentonovantanove
in questo tramonto sfilato
sulle spalle di lino nero

l’orto di mia zia fresco di limoni e di basilico
mia madre, lou-lou, oui c’est moi, dietro le orecchie
mio padre in grigio perla di cravatta

e i miei occhi, gli ultimi dietro l’obiettivo
di una bambina che non ha più ginocchia
da sbucciare.

Stramaledette loro

Già cadono
e questo è il fatto

anche se il sole imbroglia
le carte sul tavolo
loro – maledette foglie –
già cadono

anche se la formica ancora cerca
briciole di fame
e l’orso gioca nei silenzi della controra

loro – disgraziatissime
già cadono

E’ che mi ero lasciata distrarre
dalle abitudini, dai soliti spari
le solite guerre
e – semplicemente – non realizzavo
che il grillo ormai tace
se non per dire
.addio.

sempre mentre loro,
stramaledette loro, inesorabili,
già cadono

Φ

Una macchia d’olio si espande
mangiando i margini
e tutte le appendici

Ricordo che c’era un vaso sulla mensola
qualcosa che non cadeva
se non respiravi
e fiori di plastica ovunque
– casomai la sete –

Eppure il vuoto allarga le bocca
e si mangia viva ogni carezza rimasta. E resta.

Pensavo fosse un sogno e invece era Eternit

Sembra una mattina qualunque
quella di oggi
un sole d’inverno mezzo sbiadito
che quasi piove
Ma se guardi le finestre
vedi che stanno tutte
con la bocca chiusa
e gli alberi sembrano stanchi.
Il coraggio – si sa –
è una questione di sintesi.
Deve essere morto qualcosa
che stava dentro il cuore a tutti.
Come un sogno.
Accade anche alle migliori città.
Io anche, ho avuto un uomo
che ha fatto fare la stessa fine
ai miei.
Colpa mia che ci avevo creduto
e di quelle fioriere – eterne
come un paradiso.

Saldi Privati

Non sai mai cosa ti riserva una strada.

Così, mentre andavo,
che la luce si faceva scura,
ho trovato la pace dei mignoli
dentro una vetrina:
aveva preso le sembianze di un vestito
annisettanta
come quelli di mia madre, giovanissima
e io dentidilatte, capelli lunghilunghi,
un cavalluccio rosso, anzi, due
e se conto fino a venti faccio tana e
“ah! se vi prendo!”

Un vestito, dicevo
ultimo in saldo, ultimo giorno,
ultima taglia. Così, l’ho comprato
cinque euro e passalapaura e
l’ho chiamato speranza

perché adesso non mi va,
ma se dimagrisco …

Geometrie

Ho sempre trovato grande conforto
nelle geometria:
un quadrato di casa
il cerchio perfetto di un abbraccio
una retta da percorrere
che diventa un luogo
se compreso fra due suoi punti.

Tuttavia succede che la geometria
sia altrove
e allora, niente, mi accontento come posso
e spesso conto
uno due tre quattro
e ricomincio, all’infinito

tanto che se ne sentirebbe l’eco
se almeno qualcuno mi fosse prossimo
o vicino.
Se non addirittura dentro.

Dulcamara

Solanum dulcamara
Solanum dulcamara

tutta un fiore e col sorriso
ti presenti alla porta
dulcamara che bruci sogni all’incanto
dilapidandomi

come qualcosa che
se non la smette di essere
uccide.
come qualcosa che.

Resistenze

Tuttavia nessuna nuova,
il sistema linfatico
resiste al surriscaldamento globale
con grande dignità,

Certo, senza slancio
e con pochissimo entusiasmo.
Anzi, senza, diciamolo.
Ma sudo e tremo e
piango, ancora.

Conserve nel vento

Sto dentro un boccaccio di vetro
pieno fino all’orlo, ostaggio del vento

perché l’alternativa era
respirare con moderazione
quando fosse tramontana.

E dire che ci ho provato: trattenevo
e trattenevo, ma spesso cedevo
al lusso di un urlo. E l’urlo, si sa,
esige ossigeno, più del dovuto
e rilascia anidridi di colpe.

E quindi, qui dentro, resto
senza la puntuale ispezione delle lancette
senza l’inventario del disordine
senza sospiri, polvere. Senza.

Sperando, certamente,
il boccaccio, sperando che non cada.

(tutta dedicata a Taranto e al wind day)

TACE

Certo è
che non si finisce mai di imparare.
Per esempio, fino ad un mese fa
nel mio microscopico mondo
una lesione era una crepa
o una frattura,
tutt’al più, un danno.
Non di certo un eufemismo.

Come anche, ero convinta,
che TACE
fosse soltanto una voce che non dice.
Mica una specie di sorte.