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Certamente la differenza
sta nella diversa proporzione delle parti
ma pezzi di fango, siamo
più o meno consistenti
o capaci di trattenere stagioni
in ragione del coefficiente di fragilità
che ci sta nel cuore.
 
Cercando una qualche dimostrazione
a questo enunciato, dirò della mia casa:
la densità  permette la giusta malleabilità
delle parti, dentro le (di lui?) mani
compreso una giusta predisposizione
a incastrarsi
dentro gli interstizi delle cose
che mi abitano.
 
Non nego, però, la tendenza a gestire
temperature altissime
accelerando come le mele
le mie età
e rendendo la mia struttura
labile al taglio
disidratando notti e sogni
di freddo bianco.
 
C'è solo da restare attenti
quel giusto che non guasti
il nome.

Levissima

CA_Levissima-Issima-new

Non si creda che l'acqua non sappia.
Annuisce, certo
come perdona, del resto, le dighe
e gli argini e tutti i vetri
a contenere.
E si dispiace moltissimo
per tutte le volte che deve vestire una forma
che non le rassomiglia
soltanto perché anche sulla sete
si vuole mettere un'etichetta.

Luna duemilaundici

Non ti vedo con gli occhi soltanto
soltanto io ti vedo
vedo il solo tutto che sei
dentro come altrove
mentre mi adopero con le mani
a rimediare cassetti di primavera
prensili alla memoria.

STOP

C'è troppo rumore fuori.
Non posso restare.
Se ci penso, svengo o rinasco
dal punto. Dal buco.
Labirinto e  vertigine e silenzio, posso.
Dentro le gambe chiuse
c'è il respiro che fanno le anime
quando nascono.
I figli.
(e non è solo un esempio)
I figli è da lì che nascono, dentro, d'amore
ed è amore che amo.

Per questo non dico, non apro
se trapassi del gelo di fuori.
E non faccio amore
se deserto e rumore soltanto, poi resto.
Ché fuori è anche freddo.

mcm

Considerando il minimo comune multiplo
di tutti i miei picchi
direi che ogni cosa è al suo posto
e che godo di una serenità
piccola e prolungata.
Se non fosse che esistono
infiniti numeri primi.

Persino lo zero è un cerchio perfetto. E spaccato.

Per dirla tutta
e senza troppi fronzoli sulla coscienza
non mi aspetto più niente di niente.
Semplicemente mi muove
l’inerzia del vento di ieri
che ha pure piovuto
e lasciato i davanzali tutti infangati.
Compreso le soglie e i tappeti d’ingresso
con sotto la chiave
che non ha usato mai nessuno.
Ha finito con l’arrugginirsi anch’essa.
Stessa sorte che poi è toccata al mare
intorno alla mia solitudine.
E al mio anulare nudo.

Un addio con le nocche consumate

Ti ho bussato sul petto un’eternità di volte
ma sempre non ho trovato nessuno.
Qualche volta una voce registrata
diceva di riprovare più tardi
e allora io ci credevo e riprovavo
ancora e ancora.
Ma non c’era che il silenzio ad attendermi
lo stesso che mi consumava
cartilagini e sogni. E anche i respiri.

Non devo omettere di chiudere le porte

Sono qui,
questa stanchezza
non mi regge gli occhi
a stento una mezzanotte
qualsiasi, attese
che sudano il buio

Sono sempre io
queste dita
scheletri che graffiano
il silenzio
e l’inventario dei passi
sulle soglie a vento
degli anni

Le stelle, stanotte
le spegnerà tutte,
una nuvola incinta
nevicando il fumo
di mille candeline
smorzate

e verranno a bussare
i coriandoli delle lune
lasciate

Ascoltami
,non ti ho mai detto,
ma funambolo il vento
le notti che non trovo
il mare.