EXIT

 

Exit

l’omino incensurato non aveva gambe
non aveva occhi. senza naso.
batteva cassa ogni mese
un bastone, per l’amor di Dio,
per terra, tre volte
trecentoeuro di interessi
e conviene pagare sull’unghia pittata
rossa e notti bianche sul cuscino
pregando. ma non voleva finire.
di tagliare freddo, il vento
ci supera sempre di mezzo metro
e si volta ridendo. una iena che dorme
sul fianco destro non la smette di urlare.
non la smette.

allora, una madre.
una che non si arrende ma non parla.
un marito di la’ che aspetta nuvole
da cadere e novantesimo minuto. tutti zitti.
e cantava ninnananne come meglio poteva
lei, passi rotti e cicche da mendicare
dove i papà attendono cicogne e
la fame, da nascondere nei pugni.
una porta rotta
un altro buco da nascondere
dietro persiane abbassate
un esercito di figli
che la guerra non la smette di sfinire.
non la smette.

ed erano giardini di sete
una figlia che correva freddo di biciclette
gambette corte e un sogno di trecce
nei viali di sabbia che risaliva.
ed intanto qualcosa che cambia
la fa donna, nelle dita mangiate di sempre
sempre la stessa fame da disperare
troppo corte le dita per tirare funi
e sbagliare il tiro. ogni volta
piccole storie di una vita
una voce che non è la prima volta
che sputa. e neanche l’ultima
– non ho più un soldo bucato –
e la sete non la smette di appassire
non la smette.

(novembre 2007)

Ciao

se poi non se ne fa più niente
e questo cielo frantumasse nuvole
credimi che i sogni lo sanno lo stesso
e, ciao, io torno fra poco, è stato bellissimo andare
l’amore ha sempre una mano sulla quale trovarci a viso scoperto
e gambe che rubano un pezzo di notte
ancora ti dico che
ciao, non volevo, ma a volte si torna, restando
la luna e quell’ultimo bacio ha il sapore del sale
e mastico parole sbagliate
ingoiando l’affanno che lascia la notte sul seno
e non dirmi che basta un ricordo
se queste sono mani bucate di sogni, considera che
ciao, non ho più nulla da darti e sospiro
fingendo che queste siano soltanto le ore che vanno al contrario di noi
cercandoci il posto in cui stare e ormai
ciao non è mai stato altro
che il vento più bello dove abitare l’amore, questo
e non è mai stato l’addio, questo – ciao –
ci vediamo domani, al solito posto – fai presto
sono quella che vedi sostare silenzi
amando soltanto.

(maggio 2008)

L'ultima volta si dormiva sui palmi

L’ultima volta si dormiva sui palmi
ed era di flanella il sonno
e se non fosse per l’arroganza dei metri
con la fretta nelle caviglie, verrei
a farti il caldo nelle mani
castagne ad ottobre.

Sapessi com’è sbiadito il furore dagli occhi
forse per via della tramontana
che ci è passata in mezzo, ma non temere
il freddo era solo all’inizio, ora sembra
quasi pace. Quasi
pace.

Ed intanto che non mi sai
vorrei tanto giocassimo assieme
a recitare le foglie, tu con le tue
ed io me le invento
sulle palpebre scese.
O anche provare a inseguirci
dita di maglie nel vento, tane su un muro,
le vite che voglio
con te.

Intanto che non ci sono
tu non aspettarmi così, coi gomiti
sugli stipiti ruvidi delle attese
ché non tornano. Ed io non torno,
ma non te lo sto neanche a dire
che il cielo non può attendermi
e che questo è un paradiso muto
senza la tua voce.

Arrivo presto
come posso
come questa

Bugia.