Without(you)

Sto dentro un calendario
un anno, due, tre, mille
cerchi più o meno rossi
sere, proteine da contare
Dio, se guarda, non lo capisco.
Ieri è una solitudine
che ho portato a pisciare
in fondo al sonno.
Oggi ha due rughe anche lei
e tacchi alti.
Vivo questo senza
questo è.

Fiocco rosa shocking

Un colpo secco di reni e
unghé unghé unghé – l’ennesima
femmina traboccò la caraffa
già esaurita fino all’orlo.
Da allora, ancora gronda – povera Stella
ingorda e santa di baci
col ricatto d’appartenenza sulla bocca.
La colpa di essere l’ultima goccia
non l’asciughi neanche con la pelle di daino.
Forse, soltanto col borotalco.

Doppia mandata

Fuori sembra tutto così perfetto
che ad allungare la mano
pare di sciupare persino il vento
e le parole giuste degli altri
che ce la fanno a dire di sé
con la voce che parla
e dice che vogliono
che fanno
che sono. Sanno chi sono io
molto meglio di me
e hanno persino le risposte
alle cose che non ho mai capito
compreso sparare con gli indici
sulle mie serrature.

Registro di tempo

Dentro un giorno qualunque
fu fatto l’appello
delle cose presenti
tutte in perfetto ordine alfabetico.
Chiamarono la prima, chiamarono Amore
e Amore non rispose.
Fu tanto il rammarico delle altre
che nessuna usò la voce.
Risposero appena
con un cenno fragile
della mano.

Una pesca miracolosa

Scusami se ti penso, mio amore grande
ma ti sono venuta a cercare
pescando indietro nelle ore
e ti ho trovato accartocciato
in un angolo del mio sonno.

Stavi come un bambino che non è ancora nato
mio amore
e ti facevo le carezze con le dita
fragile come eri
                e fragile come ero.

Ho visto la stessa faccia di ieri
lo stesso sorriso
e mi guardavi negli occhi
come mi guardavi a quel tempo
quando facevamo l’amore dei castelli.
E tu mi amavi come ti amavo io
con lo stesso tutto che potevamo.

Ti prego non volermene
mio amore grande
perdonami se ti ho trovato:
so bene che ti eri nascosto come meglio
non potevi
ma avevo bisogno di amare l’amore
almeno qualche minuto
come non è mai più stato.

Ufficio parole smarrite

Questa volta
sarò spietata più del solito.
Non avrò pena alcuna per le parole
né sogni a redimermi
divagando cosa non È.
Non guarderò che nelle tasche
dentro i cassetti – nel freezer
e gli specchi – tutti gli specchi
che posso

per capire cosa resta
dopo un inventario.
E guarderò in faccia le ore
tutte
certa di trovarvi il nome che
hanno le cose che mancano.

Hair style

Certe abitudini
hanno la piega addomesticata
della tristezza.
Così ho dato un taglio
lasciando libero il resto
alle metereopatie del vento.

Non avendo più forze
che per l’essenziale.

In amore

In amore le cose schiumano
e diventano effervescenti
e quelli che stanno in amore
sono sempre più belli del loro solito
e restano gentili
persino all’indifferenza.
Sanno contare fino a un milione di milione
e fanno le cose incredibili nell’aria
degli acrobati.
Io, invece, ho i capelli un po’ impagliati
e non so più scrivere col dito sopra i vetri ghiacciati!

Addirittura, ho dimenticato
come si fanno le capriole dentro i sogni

… perché io, in amore,
in amore,
è già da un po’ che non ci sto più
e mi si sta facendo
la bocca storta dell’assenza.
E  il nome. Anche se io lo so
che l’amore, in amore,
è soltanto una piccola bugia.

Levissima

levissimaNon si creda che l’acqua non sappia.
Annuisce, certo
come perdona, del resto, le dighe
e gli argini e tutti i vetri
a contenere.
E si dispiace moltissimo
per tutte le volte che deve vestire una forma
che non le rassomiglia
soltanto perché anche sulla sete
si vuole mettere un’etichetta.

Fiammiferi

fiammiferi#1
Non è colpa tua, tu non c’entri.
I contesti, semmai
quelli sì che ti hanno devastata
tutte quelle cose fragili
e la solitudine, anche.
E tu non sei una che fugge.
Non l’hai mai fatto.
Non potevi che diventare quella che sei.
Quella che è sempre rimasta.
Ti amo anche per questo.
Ma non posso più restare.
Non sempre. Non posso più.
Mi manca qualcosa di più di un respiro.
Ho bisogno che tu mi capisca,
che mi perdoni e che mi ami,
smisuratamente anche,
così come ti amo io
che ti lascio libera di avere catene
e di tutto questo inutile coraggio.
E anche stavolta, non chiedermi “perché”
io non ho risposte
e tu non devi necessariamente capire tutto
risolvere, ottimizzare:
le cose capitano, come devono
a volte si rompono, altre invecchiano, soltanto.
O, semplicemente, si allontanano
come me che sto andando via,
amore mio
le chiavi sono sul tavolo
e in frigo ho lasciato qualcosa di pronto.
Basterà, sai bene che non sarà per molto.
Come sempre.
Addirittura, potrei essere già di ritorno
prima del tuo risveglio.

#2
Ti sbagliavi, non sei ancora tornata
e scusami fin d’ora
se non parlerò al tuo ritorno:
i silenzi vanno interpretati a memoria
sulla base delle cancellature
e delle omissioni.
Proprio come nascono le privazioni.
E tu sei la madre di te stessa, in questo.
Ricordi da piccole?
Tu che facevi castelli
coi sogni freschi di notte
e io a ripulire e riassettare
prima che fosse ieri:
la sabbia sotto le suole
è davvero insopportabile.
E poi, non sta neanche bene.
Non ce la fai proprio ad ascoltarmi
siamo nate insieme
ma tu non sei mai cresciuta.
Ed è inutile che ti copra la coscienza
con le mani
non c’è mai stato tempo per l’infanzia
e neanche i soldi.
E’ ora che tu sappia
la verità sulle lucciole:
amano una volta sola
e poi muoiono.
Muoiono, lo capisci questo, almeno?
(anche se tieni gli occhi chiusi, piccola mia)
Quando tornerai,
cerca di farlo in silenzio
e di sorridere senza esagerare
risulteresti inopportuna.

#3
La nostra solitudine, amore mio
era un buco con l’ortica intorno
e non era tanto per il buco, buio,
a quello si sono abituati persino gli occhi.
E siamo rimaste prossime alle sembianze
suscettibili soltanto alle variazioni d’ombra
come se tutto fosse coperto dalla polvere.
No che non era il buio che mi disperava
ma tutta quell’ortica che bruciava
confinando
tanto che ogni luogo era altrove.
Poi, qualcuno ha aperto la finestra
ed io l’ho visto, piccola mia,
ho visto l’amore.
Mi sono sentita piccola
che neanche un formica ero.
Un microbo. Un nulla.
E l’amore era grande
grande come Dio, era Dio
ed io non avevo più mani per nascondermi, né dita
ed ero più nuda di una foglia senza foglia.
Certo che non rido, amore mio
la rabbia, questa nostra,
ha le radici profonde della rinuncia.
Io lo so, io c’ero e non ero altrove da te.
Tutte e due dentro lo stesso buco
tu, quella ancora vergine di sogni
che digrignavi nei denti
le notti che ti stavano scomode nella bocca.
Sempre che non fossi sempre io
anche quella.

#4

e poi ci sei tu, Sogno
l’ultima tangente a destra
prima dello schianto.

Il vento con le sorprese in tasca

Certe volte non lo so dove sta la tramontana
e mi perdo l’aquilone dentro le nuvole.
Succedeva anche prima, solo che quando era ieri,
me lo piangevo di brutto il mio aquilone
che andava e si perdeva. Forse moriva.
Oggi, risparmio l’acqua, faccio il segno della rondine
sul petto. E sogno un altro vento.
Dentro l’altro vento, ancora.

Troppe cose si chiamano Marilyn

Io, le mosche, non le sopporto proprio.
ma mica le uccido, io, le mosche.
Se lo facessi, ognuna di loro
diverrebbe una Marylin, Lady D.,
o Grace Kelly, persino.
Io, le mosche, le faccio vivere
fino a diventare vecchie
da non avere più ali da sbattere e
bocche di zucchero, da girovagare
ingorde. Perché io, le mosche
non le sopporto proprio.

Senza forze per essere noia

Quando mi annoio, sbadiglio e ho fame
e mangio le unghie, i dolci
mi si cariano i denti, ingrasso
e ho tutte le mani rovinate dalla noia
Così, busso alla vicina che mi sta sulle palle
e le dico del tempo che se piove
è un casino pazzesco per il bucato
e mi risponde che sono ingrassata,
che non c’entra nulla, lo so, e così imparo, io, ad annoiarmi,
che poi, mi sento sola e mancano le parole e cerco occhi,
occhi in cui annegare la noia.
E li cerco belli, a specchio
così la noia se ne va a fanculo per un po’
e io sto bene.
Almeno fino a quando, quegli occhi
non annegano me, come se io stessa,
fossi il prolungamento della noia,
la sua coda. O sua figlia, perché no?!
E’ sempre colpa della noia
se non sono felice e vorrei essere un animale
perché gli animali non hanno la tv
vuol dire che non si annoiano
che se si annoiassero,
pure loro metterebbero cravatte
e si inventerebbero le favole
da raccontare ai bambini dei serpenti
e le serpentesse andrebbero a farsi pelo
anche se il pelo non ce l’hanno.
E’ per questo che pur di non annoiarmi
io faccio cose da pazzi
perché la noia è un buco enorme
che se ci cadi, finisce il mondo
e finisce il cielo e tutti i pianeti
le stelle e le comete. Compreso i sogni.
Finisce tutto, così come è iniziato
e Dio finì in quel buco zeppo di niente
solo e annoiato da fare paura
e allora prese Big e prese Bang e
fece BUM.

Cronache da ieri

Lo so soltanto adesso
che non ho le mani buone
non ho buona la bocca
e neanche il respiro.
Figuriamoci le parole.
Lo so soltanto adesso
che finora non ho potuto
che sopravvivere
sulla sufficienza asfittica
di questa terra, che senza amore
era. Senza nome. Senza acqua.
Che adesso, soltanto adesso
conto i resti delle maree nella bocca
ed implodo di nulla insieme ad esse
evaporando goccia

Naturamorta Live – Dal 30 Ott. al 28 Nov.

Naturamorte Live Locandina

Si inaugura sabato 30 ottobre alle ore 19.00 la mostra Naturamorta Live, a cura di Gianmichele Arrivo, Sara Liuzzi e Guglielmo Greco, presso la galleria d’arte contemporanea Co.61 – Grottaglie (TA) – via paritaro 61

La mostra intende affrontare, il tema della natura morta, sradicata dalla sua comune accezione e messa in discussione nell’era contemporanea e multimediale.
La rassegna, che presenta un sorprendente connubio tra poesia, video, installazione, cortometraggio e fotografia, vuole essere uno spunto di riflessione, un incontro, un modo per far dialogare poetiche individuali e fortemente caratterizzanti.

Artisti in mostra:
Francesca Pellegrino (Poesia)
Paola Aloisio (Foto-Video)
Silvia Ranchicchio (Scultura/Installazione)
Francesco Caradonna (Fotografia e Cortometraggio).