“Chernobylove- il giorno dopo il vento” – è presente presso le seguenti librerie:
Napoli
– Libreria Ubik – via Benedetto Croce, 28
Palermo
– Libreria Modusvivendi – via Quintino Sella, 79
Taranto
– Libreria Dickens – Via Medaglie D’oro, 129
– Libreria Gilgamesh – Taranto – Via Oberdan, 45
– Libreria Filippi – via Nitti, 8/c
Trani (BA)– Libreria La Maria del Porto – Via Statuti Marittimi, 42
Intervista a Francesca Pellegrino a cura di Nicla Pastore – per il libro CHERNOBYLOVE – il giorno dopo il vento (ed. KIMERIK 2010)
Reperibile a questo link:
http://www.kimerik.it/ecommerce/main.asp?Action=VIEWBOOK&Code=884#
Francesca Pellegrino
Chernobylove – Il giorno dopo il vento
©2010 Casa Editrice Kimerik
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Nota di lettura: Alfredo de Palchi
Prefazione – Giuseppe Panella
Copertina – “Resti su di me” – fotografia di Paola Aloisio
In “Chernobylove – Il giorno dopo il vento”, il dono della sintesi si appropria della realtà, a passi scalzi. Come a entrare di soppiatto, teneramente e con crudele verità, nella “stanza” compositiva del verso poetico. Ed è un verso tremendo, frutto di una personalità dilaniata dalle “bellezze” e dalle “sicurezze” della società postmoderna.
Il book trailer
Non ci sorprendano il sudore
la spinta
la contrazione fino all’osso
la lacerazione, il pianto.
Che non ci sorprendano neanche
il grido, lo stridere dei denti
forte allo spasmo
che e’ così che si nasce.
(è possibile acquistare il libro, cliccando qui)
Ed. Kimerik 2009
prefazione: Raimondo Venturiello
nota: Alfredo de Palchi
copertina: Francesca a -6 mesi – di Marco Vezzoli
la foto è di Paola Preferenza Aloisio
Venerdì 11 Dicembre, alle ore 13.00, andrò in diretta televisiva su Studio 100, con il mio libro “Dimentico sempre di dare l’acqua ai sogni”.
per vedere in streeming, cliccare sul banner a destra:
http://www.studio100.it/
o a questo indirizzo:
mms://iptv.telecard.it/Studio100
Grazie a tutti.
Lo ricordo bene
era giorno
(o forse notte, visto che la luce faceva quattro copie di me
per terra )
ed era caldo
(o forse era inverno perché stringevo qualcosa tra me e me e non
aveva peso )
e qualcuno
(si uno qualsiasi nella folla in quella piazza
al centro del nulla)
mi diceva che costruiva cattedrali
su cattedrali e che sono alte le gru
tanto che il cielo
lo vedi sbirciare dalle tende
ammesso che non piova
ammesso che non guardi sotto
e il mondo non ha che
cinque dita per mano – nel migliore dei casi –
e che le nuvole, sopra
le aveva dipinte lui
a Notre Dame un giorno
che Esmeralda gli disse – ti amo –
e poi
si fece buio – all’improvviso –
(o forse un temporale che, non so come, non so quando,
spense le luci )
e lo vidi andare via
nella folla in quella piazza da dove veniva
nel nido degli aquiloni
alla fine del vento.
Sui gradini, potrei tenere un monologo
di quelli con i riflettori puntati addosso e
sette camicie da sudare – ma non importa –
perché tutti ti pendono dalle labbra e
aspettano solo una pausa
– la mia pausa – per respirare
Ho provato
a contarli un giorno
che ho perso le dita
dietro un cartone di vino
e inciampavo il fiato nelle caviglie
ma niente da fare
arrivavo a dieci e le vocali
tentavano il suicidio
sulle alzate di marmo
e puntualmente ci riuscivano.
Ed è inutile
– irrimediabilmente inutile –
tentare di ricorrere al corrimano: finirei
col guardare sotto
e guai a guardare sotto.
Un mio amico c’è rimasto secco,
gli porto ancora fiori ogni domenica.
E non crediate che io sia pazzo!
in quel caso indosserei una
camicia bianca doppiogiro
di lacci sul petto
Sono solo uno che ha perso l’asfalto
ed è soltanto un caso
che non sia stato per strada.
Le rose erano più rosse del sangue
e lui mi sedeva sopra.
Cosa guardasse
non mi è dato di sapere
so che l’odore dei fiori era forte
che stordiva
So che c’èra un letto
e che non era vuoto
che c’erano lenzuola
e non erano fresche di bucato.
So che c’era morto qualcuno
e che piovevano lacrime
sull’alluminio delle mie gambe.
Sono una sedia
e ho visto il granito sfiorire.
Non c’è da credere
ad una sola parola dei poeti
L’ho capito una sera
che ne ho visto uno
alla stazione di Aradollo
aveva le gambe corte e
beveva gli addii dalle pozzanghere
fino ad ubriacarsene
e mentiva quando disse che partiva
e che non tornava
Lo sa persino il vento:
da Aradollo non si scappa.
Se ci fossero state delle vocali
sono certo
avrebbero ansimato.
Non c’era nessuno
eppure c’erano orme di
ombre fresche
sui muri bianchi
e anche se non posso giurarlo
l’aria era stata viziata da poco
da sospiri clandestini
col peccato arrogante
tatuato sulla bocca.
Erano due
un uomo, lui
– lo so, io – e lei
la mia donna.
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