Grrrr

Benedico silenzi continuamente, ormai,
Perché questo della parola,
alla fine,
è un lusso arrogante
il fine che non giustifica il mezzo
qualcosa che esplode
col beneficio di inventario. Ma resta. E
ingombra. E insana.
E se, ad un certo punto,
decidessi di ingoiare, persino
non voglio nessun indice a sparare.
Perché non uso bocca, è vero
Ma so ancora mordere.
E lo so fare persino molto bene.

Lavvestori

Edward Hopper Summer interior ( Interno d'estate ) 1909
Edward Hopper Summer interior ( Interno d’estate ) 1909

Mi presento: sono un portone
quella cosa che si apre quando si chiude una porta
e a Lui, al mio uomo, la sua porta l’ha cacciato a pedate di casa
e dice che è stata la sua fortuna
perché io non sono soltanto una porta come la sua ex,
ma un portone.

Ovviamente, quando dice così, io faccio l’amore molto meglio.

E dovete anche sapere che Lui mi parla spessissimo.
Mi parla di lei. Lei che faceva piagnistei continui
per cose che lui non capiva
e rompeva le palle ogni qualvolta Lui
era a giocare a calcetto coi suoi amici.

Invece io,
che sono un portone e non di certo una porta
non lo farò mai,
perché Lui è un uomo fortunato ad avere un portone come me
alla sua costola.

E quando dice così io faccio anche le capriole con la bocca
intorno al sesso
e dico sì, sempre di sì,

anche se ho veramente male alla testa
e al fegato.
Perché io, ve l’ho detto, no?
io sono il portone.

L'ora illegale

Orologi sciolti - Salvador Dalì
Orologi sciolti – Salvador Dalì

Hanno iniziato
portando avanti gli orologi
appena di un’ora. A pena.
L’alibi, è stato
il risparmio energetico.
Come se si trattasse di qualcosa
da gestire, ottimizzando.
Poi, hanno reso impossibili le ore
in una corsa di fegato e cuore.
Fegato e cuore. Al macello. Con un badge
per segnalare eventuali quanto
improbabili assenze.
Gli uteri, di conseguenza
sono quasi tutti impazziti
come le lancette nei pantaloni
dei maschi. E le Regole.

Riproduzioni

Questo mio saperti a memoria
non consente mai alla tua assenza
di palesarsi.
Così, mi tempero gli occhi,
vado di ricalco sul tratto
e, magicamente, diventi.
Anche quando ho solo forbici
dentro le mani.

Un pazzo da legare

Di quelle pareti bianche
non mi è mai importato nulla
piuttosto, era l’odore sterile
dei camici bianchi
che mi ubriacava
e senza accorgermene
mi ritrovavo le labbra accostate tutte su un lato

u n o s o l o

e non riuscivo a parlare
neanche a deglutire – se proprio devo dirla tutta –
tanto che rigavo trasparenze sul mento
e non c’era più aria
perché mi ritrovavo a nuotare con le mani
come quando giocavo a fare onde sul mare
ed ero io il vento
ma nessuno mi credeva

L'acquario

acquario-pesci-rossi_NG1Siamo due – io e lui
due pesci rossi nella boccia
a pescare i silenzi dentro la rètina.
Manca l’aria alle parole, così restiamo zitti
e giochiamo a nascondino con la faccia dentro le mani
ignorando la trasparenza friabile del vetro.
Vince sempre lui e io applaudo al suo talento
di non sapere altri mondi, fuori di qui
ché due è un numero dispari, talvolta.

Un telegiornale

Posso urlare in maiuscolo – FINALMENTE –
e imperare i verbi sudici contro le persiane
perché pare che dio sia a lavarsi le mani
da qualche parte.

Lo dicevano
prima al telegiornale
poi hanno mandato il méteo
e ho saputo

che il cielo non promette nulla di buono
per i prossimi giorni

che ci sarà solo schiuma
per questo mare di pezza

e che le stelle scadute
le ha sequestrate il ministero della sanità.

Pare che abbiano arrestato un paio di angeli
per questo.

La fame non ha mai denti buoni

E’ la stessa storia di sempre
e non se ne esce.
Ne ho quasi vergogna
come parlare che a volte
è un vizio inutile.
Per questo mi rattristano
non poco
queste mani composte sul tavolo
una candela tutta consumata
e al centro
due olive nere nel piatto.
Le stesse di ieri, solo più magre
una per te ed una per me.
E poi silenzi
per mangiarne una settimana intera.
E mi dispiace moltissimo
saperci imbalsamati
sulle nostre grucce regolabili
digiunandoci parole.
Sembriamo due cappotti smessi
da qualcuno più grande di noi.
Ed io l’ho capito
che il mio non mi sta mica bene
sfiorisce male sulle ginocchia
facendomi più alta
di come poi non sono.
Mai stata.

Qualcosa è cambiato

8 ragazza_davanti_allo_specchio
Ragazza di fronte allo specchio, 1932, Picasso

La goccia che cade dal rubinetto
si fa donna.
Ha il seno nuovo di zecca
e le gambe con le calze si seta

Esenzanome si da del lei
ha dimesso l’ennesimo strato di pelle
ancora un altro e resterà sola
si chiede quanto smalto ancora
le nasconderà l’unghia sul cuore
.quanto

Intanto qualcosa è cambiato

ha il seno cadente, stelle che stanotte
sono un delirio di mosche bianche
e le coperte somigliano alle
pietre impietose dei santi.
lo specchio se ne sta zitto
mente il silenzio sugli occhi.

Come ieri che
le giurava la stessa faccia
ed era un bambina

Stars

Siamo quello che siamo
macerie di decenza.
Alla fine
c’è soltanto un unico sole
e ogni tanto qualche pianeta
qualche piccolo stupidissimo pianeta
che ci si illumina e
s’improvvisa stella .o poeta.
Del resto
anche Hitler suonava il violino.

Forever

E’ la solita questione
dei numeri periodici.
Quei numeri infinitamente
indefiniti
eppure razionali.
Di quelli che
ad ogni divisione
si prendono il resto e se
lo mettono sopra. Una barra
drittissima in testa
per dire che non finisce mai
non si finisce mai di
morire.

Pi greco

I miei maschi sono cerchi concentrici
ognuno, un nome diverso
ma con la stessa identica faccia
di mio padre
che mi guarda e dice che è sempre poco
ciò che posso.

Cado sempre sullo stesso centro
perpendicolare e compiuta
quasi da dirmi in piedi

e distante un raggio più lungo
delle mie braccia.

Privazioni

Tengo aquiloni in ostaggio
giù nella mia cantina.
Almeno fintanto che avrò
denaro sufficiente a pagarmi
il riscatto.
Ogni tanto scendo
e lascio un sorso di vento
vicino alle loro catene.
E vado via
solo quando hanno smesso la sete
con la coscienza pulita.

Il cielo finisce qui

È buona norma
che le cose abbiano un nome.
Se dico acqua
è la sete che parla alle labbra.

A volte
ho una solitudine dentro
e la chiamerei assenza.
Un vuoto che doppia le impronte di sabbia
di qualche vita fa
di me e la solita stella di sempre
una scoria di luce negli occhi
lasciata imbrunire

una calma piatta indossata per forza
come il vestito smesso di una sorella più grande
che arriva troppo corto alle ginocchia.

E questo cielo
che ha fermato le lancette
dimenticando di dimenticare.